Vito Mercadante

Sono alcuni versi del poeta prizzese vissuto a cavallo di due secoli, periodo in cui la Sicilia sonnecchiava, mentre altrove fiorivano ideologie politiche atte a cambiare radicalmente un’intera nazione. Mercadante fu personaggio di rottura; sindacalista dei ferrovieri combattè il liberalismo giolittiano che in Sicilia era sostenuto dalla mafia, combattè contro il clientelismo e il parassitismo: veri e propri mali di certa politica che ha sempre affossato i diritti del popolo. E al popolo del proletariato, dei contadini, Vito Mercadante fu sempre e struggentemente vicino e non se ne discostò nemmeno quando, in pieno periodo fascista, gli fu offerto l’ incarico di sottosegretario dei Trasporti. Anzi, al ministro Rossoni, che andò direttamente a casa sua, fece trovare una stanza piena di garofani rossi e di ferrovieri licenziati dal fascio. Questa presa di posizione dà solo un’idea della complessità dell’uomo Mercadante, complessità che si stempera nei versi dialettali della sua poesia i cui temi appartengono al mondo della quotidianità, e vengono scanditi dallo scorrere fluido delle quartine a rime alternate. Le sue poesie, al di là della considerazione del periodo storico in cui sono collocate, rispecchiano una Sicilia amatissima dal poeta e vista con occhi ora mesti, ora fantasticanti o amorevoli verso quella che egli stesso definisce “terra di tantu amuri e scunsulata” in mano ai gabelloti mafiosi. Amore espresso e ritrovato dal lettore in “Focu di Mongibeddu” che racchiude un percorso umano pervaso completamente dall’intima essenza della sicilianità fatta di passione, soprattutto, e di un pizzico di giusto disincanto. Tra le sue opere ricordiamo “Lu Sissanta” poemetto sulla rivoluzione del 1860 in Sicilia, che scrisse in occasione del cinquantesimo anniversario dell’impresa che Garibaldi compì nell’isola grazie al sostegno del popolo più umile, il cui desiderio di riscatto viene esaltato da Mercadante. Del poeta prizzese citiamo anche una commedia, “Mastro Mercurio”, che gli fu proibito rappresentare al Teatro Biondo di Palermo proprio per la sua resistenza contro il fascismo e, sempre per questo motivo, fu licenziato dalle Ferrovie e vissesorvegliato dalla polizia, con una piccola pensione.

Adelaide Spallino