Ha il sapore di una storia dal gusto retrò la vita di Giuseppe De Marco, prizzese nato alla fine dell’ottocento, che ha vissuto in prima persona l’avventura pionieristica dell’aeronautica in Italia.Una foto in bianco e nero del 1915 lo ritrae a fianco di Guglielmo Marconi che lo aveva voluto come pilota di un Caudron G.3 sul quale aveva sperimentato in volo la radiotelegrafia, fino ad allora ritenuta di scarsa utilità da piloti ed alti comandi. La sperimentazione avvenne all’aeroporto di Torino-Mirafiori e la famosa “S” radiotelegrafata dall’aereo raggiunse l’apparecchio ricevente installato nella postazione a terra. Per trovare le origini della passione per il volo di De Marco, dobbiamo fare un ulteriore passo indietro e andare al giorno in cui i suoi occhi avevano seguito l’aereo di Roland Garros che sorvolava Palermo. Il suo sogno si realizzò nel 1915 quando conseguì il brevetto di pilota civile nr. 330 su monoplano Chiribiri, e il brevetto militare nr. 71sul Caudron G.3. Nel 1916 divenne pilota dei caccia Nieuport e dei ricognitori Pomilio, mentre è del 1917 l’abilitazione a poter pilotare gli idrovolanti FBA. La I ^ Guerra Mondiale lo vide così testimone diretto del fronte, dove svolse il proprio impegno militare con diverse squadriglie fino ad approdare, sul finire del confronto bellico, alla 270^ Squadriglia idrovolante di Palermo dove, oltre al normale servizio di sorveglianza delle rotte marine, fu collaudatore dei velivoli FBA che venivano costruiti nel capoluogo siciliano dalla Ducrot.Nel 1919 il fallimento del decollo dell’FBA concessogli dalla Ducrot, gli impedì di prendere parte alla “Targa Florio Aeronautica” alla quale si era iscritto e che lo avrebbe portato a fare il giro aereo di Sicilia. Il 28 febbraio 1920 terminò la parentesi militare congedandosi col grado di Sergente e ritrovandosi senza un lavoro come gran parte dei reduci. Gli parve una buona idea quella di acquistare un aereo Caudron G.3/bis, un residuato bellico che ottenne alla “modica” cifra di 13.670 lire, come risulta da regolare lista di spesa scritta di proprio pugno e tuttora esistente. Il velivolo fu spedito smontato e imballato in casse di legno e fu trasportato dapprima in treno e poi in piroscafo, destinazione Palermo a “ Cascina Marasà”, l’attuale aeroporto di Boccadifalco . Con il suo aereo privato compì voli propagandistici e voli “turistici” : può sembrare strano ma negli anni venti si pagava per fare un giro su un aereo, per provare l’ebbrezza del volo di Icaro con un pilota d’eccezione quale era De Marco. Ad ognuno dei passeggeri, una volta rimessi i piedi a terra, De Marco faceva annotare su un libricino l’emozione provata nel solcare le vie aeree, allora così poco sfruttate. Nel 1922 fu tra i fondatori dell’Aeroclub di Sicilia e l’anno successivo il suo aereo, mentre si trovava all’aeroporto di Catania – Fontanarossa , si schiantò contro un muretto dopo aver rotto gli ormeggi a causa di un violento temporale abbattutosi nella zona. Fu assunto come collaudatore civile di velivoli militari dalla Ducrot che di lì a poco però chiuse i battenti della fabbrica aeronautica.A soli 32 anni De Marco lasciò definitivamente l’attività di aviatore e nel 1926 entrò a far parte dei dipendenti comunali di Prizzi. Restano molte testimonianze del periodo: foto, ritagli di giornali, e tutto quello che gli è appartenuto ha il suono di un motore al decollo, o il fruscio di un idrovolante sull’acqua, in un tempo lontanissimo in cui gli aerei facevano alzare al cielo gli occhi incantati dei bambini e gli sguardi ammirati degli uomini. Il suo è stato un passaggio leggero, da uomo riservato, in punta di piedi, anzi……di ali.
Adelaide Spallino