All’interno del movimento contadino sviluppatosi a Prizzi nei primi del ‘900 mosse i suoi passi Giuseppe Rumore, segretario della Lega di miglioramento e della sezione del psi, considerato non a caso il più concreto e il più idoneo a riunire i contadini combattenti sotto l’egida della bandiera rossa della lega. Rumore, allievo e stretto collaboratore di Nicolò Alongi, si presentò subito come il nemico più pericoloso del sistema mafioso, che legava alla logica dell’appartenenza il fine per annientare le rivendicazioni sociali per le quali lottavano i contadini reduci dalla grande guerra, durante la quale si era aperta la questione del latifondo. I lavoratori dei campi dovettero fare i conti, anche, con chi era riuscito ad imboscarsi e chi godeva di privilegi notevoli, giacché i proprietari terrieri corrispondevano al ceto politico locale e i gabelloti mafiosi. Questi, a Prizzi, potevano contare sul beneplacito silenzioso dei rappresentanti dello Stato, anzi una vistosa connivenza veniva ravvisata tra i due poteri: quello legale e quello mafioso, come denunciato più volte dallo stesso Alongi. L’obiettivo principale di Rumore era l’occupazione dei latifondi, sotto la spinta del suo esplicito radicalismo rivoluzionario del quale si servì per organizzare con Alongi lo sciopero delle campagne prizzesi il 31 agosto 1919. La sfida alla mafia fu dunque dichiaratamente aperta e spregiudicata tanto che quest’ultima ne venne sconvolta e mostrò di voler ricorrere ad ogni sopruso pur di fermare il movimento. In questo clima di tensione Rumore si rivelò il personaggio scomodo da eliminare, affinché fosse ben chiaro che il sistema presidiato dalla mafia comprendeva le precedenze nella scala dei diritti che formava la distribuzione del territorio. Nella notte del 22 settembre, davanti casa sua, fu ucciso con due colpi di fucile. Inadeguata si rivelò la reazione dei vertici nazionali del partito socialista che, dalla pagine dell’ Avanti! onorò retoricamente il “nuovo martire” con i “ fiori rossi della solidarietà socialista.” Gli operai della Orcel di Palermo riuscirono invece a organizzare un’ azione tangibile a favore della famiglia di Rumore, mentre le autorità locali lasciarono che la commozione si stemperasse in indagini depistanti, con lo scopo di far cadere nel silenzio più assoluto il fatto. Il movente dell’omicidio fu ricondotto nel quadro della lotta per la sopravvivenza di gente senza importanza, ovviamente furono coperte le responsabilità dei proprietari e dei gabelloti che, secondo il capitano Menichetti, non avrebbero avuto nessun interesse a commissionare l’omicidio di Rumore.Fu Alongi, dalle pagine de La Riscossa Socialista, a infiammare gli animi in tutta la Sicilia svelando i retroscena dell’omicidio del suo allievo, accusando apertamente “la polizia e la magistratura” di aver assicurato l’impunità dell’assassino, per poter continuare i loro sordidi legami con la “cricca borghese” locale. Alongi, inoltre, era deciso a portare avanti il programma caro a Rumore: unire le forze con le altre leghe contadine della provincia di Palermo, ed avviare l’occupazione dei latifondi. Sperava di poter spazzare via dal sud il sistema del dominio capitalistico e il vecchio ordine del latifondo, ma sentiva su di se l’attenzione fatale della mafia, la stessa che aveva definito la sorte di Rumore, e che lo colpì con precisione cinque mesi dopo la morte del compagno.
Adelaide Spallino