A parte il misero relitto del Castello di probabile origine normanna al margine superiore di nord-ovest, mancando un palazzo baronale o municipale a incoronare una piazza degni del nome, le chiese risultano ancora oggi le uniche emergenze architettoniche di Prizzi, che il visitatore può cogliere dallo straordinario punto di vista del Monumento ai Caduti nel panorama di tegole rosse e stradine che si adagia ad anfiteatro sul colle dalle falde della Crisiedda fino alle rocce precipiti a perpendicolo di li Listi.
Sono complessivamente diciassette, edificate o ristrutturate tutte tra il XVI e i primi del XVIII secolo negli anni di intenso fervore religioso in clima di Controriforma, quando il paese giungeva a contare appena tremila abitanti circa.
Una forte contrazione subì la commissione di opere statuarie, di crocifissi e di tele ad artisti di fama, mentre gli esistenti si deteriorarono o si addirittura perdettero. Perciò eccetto qualche stucco e doratura successivi appaiono semplici e spoglie.
La ricca borghesia rurale, fattasi con l’incamerazione della baronia alla Magione, investì solo nell’edilizia privata e ignorò completamente quella ecclesiastica e pubblica, tanto da non preoccuparsi di dotare la Madrice di un degno campanile.
Le chiese sono tutte ancora aperte al culto, anche se la maggior parte per riti sporadici di festività ad esse connesse. L’impianto degli edifici ecclesiali segnò nei primi secoli lo sviluppo urbanistico del paese, che si andò allargando dal punto apicale di insediamento che aveva il centro abitativo nella piazzetta antistante alla scarna nudità della chiesetta di S. Sebastiano , il santo depulsor pestis, protettore dalla peste.
Vale la pena visitarla per ammirare l’eterea mano in pietra che sorregge l’acquasantiera. L’incremento demografico, segno della floridezza economica, portò ben presto alla costruzione di una chiesa più ampia, la nuova Madre Chiesa, dedicata a S. Antonio abate .
Conserva una Madonna di eccezionale valore storico-iconografico, volgarmente detta dell’Itria o dell’Idria, tarda corruzione popolare del culto bizantino della Madonna Odighitria, la Guidatrice, nella posa orientaleggiante dell’orante, con le braccia aperte e alzate verso l’alto, sotto le mani due angeli che reggono delle fiaccole, davanti orante il Bambino, portati sulle spalle da due monaci basiliani, i cosiddetti Calogeri eremiti. Persistenti sono le vestigia bizantine, come la Madonna col Bambino, “acheropinta”, “non dipinta da mano” umana e la Madonna Galaktotrophousa o Virgo lactans della chiesa di Maria SS. Della Grazie (1620), posta sotto una maestosa rupe a strapiombo, segnata dal campanareddu, oppure la Madonna stilizzata della cappella del Castello della Margana.
Il visitatore però sarà più incantato ed estasiato dalla levigata e radiosa bellezza della Madonna sull’altare maggiore, attribuita ai Gagini, forse al celebre Antonello. Nello stesso secolo XVI fu costruita la chiesetta di S. Nicolò sull’omonima via, attualmente chiusa per restauro.
Contemporanea fu la chiesa dedicata a S. Leonardo o delle Anime Purganti, da cui partiva il S. Viatico, conosciuta ancora come chiesa dell’Ospedale, perché annessa all’antica ed encomiabile istituzione municipale per i malati poveri, funzionante fino agli anni Cinquanta.
In seguito all’ulteriore sviluppo demografico ed insediativo, nel 1561 all’epoca di Giovanni Crispo Villaraut fu costruita la Madre Chiesa, a croce latina con la navata centrale divisa da due file di quattro colonne rosse dalle due laterali, dedicata a S. Giorgio, protettore dei Normanni e dell’Inghilterra, e perciò dei Bonello e del paese. Ristrutturata nel 1870, riceve maestosità dall’antico portale di pietra dura lavorata e dalla posizione panoramica dello spiazzo a 1007 m s.l.m., donde lo sguardo coglie nelle giornate terse di inverno il fumo dell’Etna.
Oltre alla splendida statua in marmo di S. Giorgio, coperto di elmo, corazza e calighe, con la palma della vittoria nella destra e il vessillo rosso nella sinistra, di levigato splendore è il S. Michele in marmo, concordemente attribuito ad Antonio Gagini, identico a quello del Museo Abatellis, andato in frantumi e restaurato nel 1941 dall’arciprete Cannella.
Di grande valore storico sono i volumi del prezioso Archivio Parrocchiale, dei battezzati, di matrimoni, di decessi a cominciare dal 1566 fino ai nostri giorni. A contendersi nei secoli il primato di Chiesa Madre fu l’imponente chiesa del SS. Crocifisso che si apre con tre porte sull’antica Piazza dei Comizi, varie volte ristrutturata dal 1867 riportato sull’architrave della porta centrale.
Grande rilievo ebbe l’antichissima abbazia di Santo Angelo de Pericio o Santo Angelo, fondata dai Bonello intorno al 1150 nella valle di Magliano, nel 1582 vi si stabilirono i Carmelitani e da allora il culto e la venerazione della Madonna del Carmine nell’annessa chiesa rustica è stato il più sentito dal popolo. Nello stesso anno i Minori Conventuali Francescani ottennero l’antica chiesa di S. Rocco nel punto prominente della cosiddetta Piazza, che ristrutturarono e dedicarono a S. Francesco, oltre al terreno sul quale il concessionario Vincenzo Perez fece erigere il Convento, soppresso e svenduto dai Savoia.
Oltre alla preziosa antica statuaria e ai ridondanti sarcofagi di Girolamo e Pietro Villaraut abbellisce l’altare maggiore una radiosa Immacolata.
Non minore interesse per impianto architettonico, complesso statuario e tele conservate sono le altre chiese: S. Anna (1600), Maria SS. Del Soccorso (1656) e S. Giovanni Battista (1670), la chiesa di S. Giuseppe o del Collegio di Maria (1709), perché affidata a tali suore; sul monte Calvario ove si svolgono i riti della Crocifissione del Venerdì santo la chiesa di S. Calogero (1722), legato alla cultura contadina e agro-pastorale del paese e protettore del raccolto estivo; la chiesa di S. Michele (1780) con originale impianto a battistero esagonale e sei altari, infinel a recente chiesa dedicata a S. Rosalia e promossa a parrocchia assieme alle altre di S. Francesco e di S. Giovanni.
La chiesetta rurale del SS. Crocifisso dei Salici,l’unica sopravvissuta al crollo di quelle di S. Vito e S. Lorenzo, è di grande impatto emotivo per la semplicità del rustico Crocifisso, portato in processione nel giorno dell’Ascensione. La festa campestre, era legata in effetti al culto di S. Antonio e alla benedizione degli animali.
Elenco delle chiese